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Il Proibizionismo europeo
L’ Europa si è posta come obiettivo di ridurre il consumo di alcol pro-capite del 10% entro il 2025, indipendentemente tra consumo moderato e abuso.
Il documento “European framework for action on alcohol 2022-2025” presentato a Tel Aviv durante la 72esima sessione del Comitato regionale per l’Europa dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) rappresenta una svolta rispetto alla “Global alcohol strategy” approvata proprio dall’OMS lo scorso maggio e al “Cancer plan” del Parlamento europeo.
Il testo del documento dell’OMS si basa sul concetto di consumo “no safe level” che non distingue tra superalcolici, vino o birra e tra consumo moderato e abuso.
Alcune delle proposte riguardano:
- aumento della tassazione;
- divieto di pubblicità, promozione, marketing di prodotti alcolici in qualsiasi forma;
- diminuzione della disponibilità di bevande alcoliche;
- obbligo di “health warning” in etichetta.
Secondo Coldiretti le proposte dell’OMS, oltre a parificare in maniera impropria l’abuso di superalcolici ed il consumo moderato e consapevole di birra e vino, colpiscono un settore strategico settore agroalimentare italiano che garantisce 12 miliardi di euro di fatturato e lavoro per 1,3 milioni di persone. Questo danno si ripercuoterebbe anche sull’export che tra l’altro, secondo le stime, quest’anno dovrebbe raggiungere il record storico di 8 miliardi di euro.
Le reazioni
“È una notizia che ci preoccupa profondamente – ha evidenziato Vittorio Cino, Direttore Generale di Federvini – riteniamo che imporre ricette di questo tipo, composte da tassazione, messaggi allarmistici e restrizioni normative, sia non solo dannoso ma del tutto inutile. I risultati sul campo, e non gli astrusi algoritmi presentati, dimostrano che il proibizionismo ha sempre fallito”.
Sulla stessa linea anche il sottosegretario del Mipaaf, Francesco Battistoni che evidenzia il valore del vino anche per il settore turistico: “Dopo i tentavi di imporre in Italia il Nutriscore e altre procedure lesive dell’agroalimentare italiano – aggiunge – siamo esterrefatti dal vedere come un’Istituzione internazionale per promuovere i corretti stili di vita imponga, indiscriminatamente, un proibizionismo su larga scala non facendo alcuna distinzione di sorta, ma colpendo, invece, a 360 gradi il comparto vitivinicolo italiano. Colpire il nostro vino oltre a produrre effettivi economici negativi a livello nazionale, colpisce il nostro made in Italy, la nostra dieta mediterranea e il nostro turismo. Non a caso, ogni anno, oltre 15 milioni di enoturisti, come segnala l’Associazione nazionale Città del Vino, vengono in Italia per vivere la cultura del nostro Paese unendo le nostre unicità vitivinicole che rappresentano storia, tradizione e territorialità oltre a identificare le eccellenze provenienti dalla nostra geografia enogastronomica”.