Il mondo del beverage in sofferenza

Calano i consumi delle bevande alcoliche.

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| Illustration by Ryan Johnson

Aumentano i prezzi

L’ottimismo generato dal consumi di vino nei mesi estivi deve lasciare spazio alle preoccupazione generate da un inizio stagione all’insegna dell’austerità e preoccupazione economica; infatti, in Italia, secondo i dati Iri, si è registrata una contrazione del 7,7%, pari a 1,3 miliardi di euro rispetto ai 1,4 miliardi del 2021.

Un dato comune anche agli altri paesi europei con Stati Uniti, Regno Unito e Germania in calo del 10,6% rispetto all’anno precedente (dati Osservatorio UIV-Vinitaly elaborati su base Nielsen).

Oltre alla preoccupazione per lo scenario internazionale si è aggiunto il significativo aumento dei prezzi del vino che sono cresciuti del 4,3%.

Un valore relativamente contenuto se si pensa che l’incremento dei prodotti alimentari si attesta intorno al 10%.

Un incremento di poca importanza se confrontato con gli altri paesi europei dove i prezzi del vino crescono in media del 6,1%: la Spagna è in testa con un +8%, la Germania con +7,1% e la Francia con un +5,3%.

I nuovi consumi

Con una classe media sempre più in difficoltà e una netta crescita delle aree di povertà (+ 6 milioni nell’ultimo anno) è inevitabile che si percepisca fortemente il senso di precarietà e che questo si traduca nella necessità di fare delle rinunce, specie se si considera che alla crescita dell’inflazione non corrisponde un adeguamento dei salari, con conseguente riduzione del potere di acquisto.

E così nei prossimi mesi il 18% degli italiani si dichiarerebbe costretto a rinunciare all’abitudine, fino a poco fa consolidata, di andare a mangiare al ristorante, o consumare vino al bar e in enoteca e addirittura il 36% avrebbe intenzione di ridimensionare il consumo anche casalingo di cibi e bevande, optando per quantità minori ma comunque con attenzione alla qualità, con ripercussioni anche sul carrello della spesa.

In questo contesto i vini di fascia premium si candidano ad essere tra quelli che meno risentiranno della contrazione delle vendite, sia perché la spending review non tocca i consumatori alto spendenti, sia perché anche tra chi dovrà ridimensionare i consumi potrebbe consolidarsi la tendenza a bere “meno ma meglio”.